Le stoviglie monouso sono riciclabili: puniamo chi li abbandona, non chi le produce
Da tempo lo abbiamo detto e lo ribadiamo ora, dopo che la legge è entrata in vigore. La Direttiva SUP, che impone divieti o limitazioni alla vendita di prodotti monouso in plastica, va a punire aziende che da anni stanno lavorando per far rientrare la plastica in un circuito virtuoso di economia circolare.
La messa al bando di posate e piatti colpisce in modo sproporzionato prodotti che costituiscono solo il 2,1% dei rifiuti marini. Questo è il dato che si evince dalla pagina dell’Agenzia Europea per l’Ambiente dedicata al monitoraggio dei rifiuti marini. Tra il 2013 e il 2021 prodotti di plastica come bicchieri e stoviglie hanno rappresentato rispettivamente l’1,39% e lo 0,78% dei rifiuti plastici monitorati. Per fare un confronto, i filtri di sigarette nello stesso contesto rappresentano il 27,80% dei rifiuti.
Inoltre questa disposizione colpisce soprattutto l’Italia in quanto principale produttore europeo di stoviglie monouso in plastica. I numeri parlano chiaro: 3.000 occupati diretti, circa 20.000 nell’indotto e quasi un miliardo di euro di fatturato. Un comparto che andrebbe sostenuto, non ostacolato!
Le aziende produttrici di imballaggi in plastica e stoviglie monouso in plastica, in particolare quelle associate a Pro Food, sono impegnate da tempo nell’utilizzo di plastica riciclata nei loro prodotti, e nel promuoverne la raccolta e il riciclo: le stoviglie monouso sono riciclabili, e in Italia vengono raccolte in modo differenziato e in buona parte avviate al recupero.
L’impegno per la sostenibilità deve includere l’attenzione ad igiene e sicurezza del consumatore, che rendono in molti casi imprescindibile l’utilizzo di stoviglie monouso (per esempio nelle mense e nei luoghi di ristorazione collettiva); si tratta di ambiti di consumo chiusi, in cui non c’è alcuna dispersione di rifiuti di alcun genere nell’ambiente: i prodotti qui utilizzati andrebbero quindi esclusi dalla Direttiva.