La grande diffusione dei packaging in plastica ha molte spiegazioni: la plastica è un materiale virtuoso, è leggero, malleabile, versatile, economico, resistente e riciclabile. Il suo utilizzo nel settore alimentare rappresenta in molti casi la soluzione migliore, se non l’unica, in situazioni come eventi, emergenze, trasporti e consumi in movimento. Inoltre, in tutte le situazioni in cui viene applicata si fa apprezzare perché protegge l’igiene del contenuto, ne prolunga la vita o, semplicemente, perché è molto pratica e comoda.
Packaging in plastica e sicurezza alimentare
Siamo sinceri, acquisteremmo dei frutti al supermercato se prima avessimo visto qualcuno toccare, annusare o scegliere i prodotti senza indossare una protezione delle mani? Decisamente no, non lo faremmo. Ma anche se non lo vediamo un prodotto sfuso è esposto a contaminazioni di microorganismi come batteri, parassiti e virus. La sicurezza alimentare è un tema importante, tanto è vero che esistono norme precise che regolamentano la gestione degli alimenti per preservarne l’integrità.
Il contributo che il packaging in plastica può dare alla sicurezza alimentare è evidente, protegge il prodotto dagli agenti esterni nelle diverse fasi di trasporto, movimentazione e vendita. Una prova indiretta dell’utilità del packaging in plastica è l’aumento della domanda nei momenti critici (come ad esempio in periodo di pandemia) durante i quali l’igiene assume un’importanza particolare.
Packaging in plastica contro lo spreco alimentare
In Italia nel 2020 si è sprecato cibo per 10 miliardi di euro, di cui due terzi (6,5 miliardi di euro) a livello domestico e 3,5 lungo la filiera produzione/distribuzione.
Lo spreco alimentare a livello mondiale è impressionante, i dati UNEP – United Nations Environment Programme – stimano che ogni anno si generino oltre 930 milioni di tonnellate di spreco alimentare. L’UNEP valuta che il 17% di quanto viene coltivato, distribuito e venduto venga buttato. In termini produttivi significa che circa 1,4 milioni di ettari di terreno coltivabile sono di fatto impiegati per coltivare alimenti che non vengono mangiati. Ma lo spreco alimentare non è soltanto un danno economico, sempre l’UNEP stima che tra l’8% e il 10% delle emissioni di gas serra su scala globale sia dovute proprio al cibo che non viene consumato, con conseguente grave danno ambientale.
Ma cosa c’entrano gli imballaggi di plastica con lo spreco alimentare? La risposta è molto semplice, il packaging di plastica prolunga la vita del cibo sia nelle fasi della distribuzione e della vendita sia a livello domestico. Un esempio? Un broccolo confezionato nella plastica può durare, a temperatura ambiente, fino a 4 volte in più senza perdere le sue proprietà rispetto a un broccolo conservato senza imballaggio (fonte: Scienza in Cucina, Dario Bressanini) Cosa succede invece in frigorifero?
Il contenitore giusto al momento giusto
Pensiamo a situazioni di emergenza o, più semplicemente, a un picnic piuttosto che a uno spuntino nell’intervallo di pranzo, c’è qualcosa di più semplice e pratico di una vaschetta in plastica per contenere gli alimenti, liquidi o solidi che siano? Su questo è difficile non essere d’accordo ma è bene ricordare che i rifiuti in plastica devono essere correttamente differenziati (come tutti i rifiuti peraltro) per essere avviati a riciclo. E questo non è un problema tecnico ma di comportamenti individuale o, in qualche caso, di mancanza di infrastrutture.
Oggi c’è anche una bella novità: il progetto V-PET – da vaschetta a vaschetta, che ha l’obiettivo di creare un circolo virtuoso attraverso l’utilizzo di Pet riciclato per produrre nuove vaschette. Il progetto nasce dalla collaborazione di tutti gli attori della filiera che, oltre a Pro Food/Unionplast, ha coinvolto Conai, Corepla, selezionatori, riciclatori, produttori di vaschette e grande distribuzione.